Vendere la Palazzina del Lingotto è un bruttissimo segnale. Possibile sia importante per il bilancio raccogliere il ricavato. Molto meglio donarla alla Città, insieme alle opere necessarie per usarla come luogo di ricerca e formazione e come museo della memoria della città, dal lavoro, all’industria, alle vicende che ci hanno interessati nelle luci e nelle ombre della grande industrializzazione.
Non è la stessa cosa, ma è un segno di allontanamento, come quello delle aziende straniere che hanno beneficiato di aiuti italiani e ora abbandonano con licenziamenti a pioggia mentre l’economia mondiale riparte. Sono in cerca di aiuti economici altrove?
di Pietro Terna
Un discorso complesso da affrontare. La retorica dell’innovazione annunciata e poco frequentata sta diventando sempre più pervasiva, e questo in un sistema chiuso come il nostro, dove da tempo l’economia è stata messa in secondo piano rispetto alla finanza, produce due effetti: le idee per innovare e riconvertire scarseggiano, e questo porta a tagliare e delocalizzare; gli innovatori sono deboli, raramente incidono nelle aziende e ancora più difficilmente riescono ad imporre una visione. Questa idea 4.0 per cui la ricerca e sviluppo la fanno le aziende innovative che poi, stremate, vengono assorbite da chi non rischia nulla inizia ad essere vagamente controproducente.
Io stesso, nel mio ipermicro, lo sperimento ogni giorno: rischio meno ad assecondare richieste anche sbagliate di un cliente che a tentare di spostare l’asticella. Non dobbiamo pregare Stellantis di innovare, dobbiamo favorire la costruzione di una nuova Stellantis, redistribuire opportunità, premiare chi lavora con idee e metodi nuovi. Premiare l’economia vera, scoraggiare la finanza.
di Paolo Giovine